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A noi il welfare, l’educazione alla ministra Lorenzin

Eccoci… riparte l’operazione mobbing contro i giovani cd “bamboccioni” finalizzata a trasferire su di loro la colpa per la difficile transizione verso l’indipendenza e l’età adulta.
In questo caso la crociata viene rivolta contro le giovani donne che vanno “educate” alla maternità e “informate” sul fatto che fare un figlio a 35 anni è troppo tardi. Sono le parole del Ministro della Salute Lorenzin che, qualche giorno fa, in una intervista al quotidiano Avvenire (qui il link), ha proposto “un grande  piano nazionale di fertilità” e afferma che “Il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale. È una decadenza che va frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie. Bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema“.
Parole queste che non solo hanno indignato buona parte del movimento delle donne per l’ennesimo attacco all’autodeterminazione, ma offendono intimamente tutte e tutti, come se la scelta di cercare un figlio fosse qualcosa che ognuno di noi prende alla leggera.
Per rispondere alle parole di Lorenzin mi associo completamente all’articolo “io sono maleducata alla maternità” di Manuela Campitelli, blogger del fatto quotidiano e di genitoriprecari.it, che vi invito a leggere qui. (“Sono una maleducata perché penso che non si debbano “prendere decisioni per aiutare la fertilità” ma si debbano assumere politiche per ridurre il tasso di disoccupazione, la precarietà, per incentivare la spesa sociale”).

Come ricorda Manuela sappiamo bene che la precarietà è il principale “contraccettivo” che impedisce ai trentenni di raggiungere l’autonomia e la stabilità economica per decidere in serenità di cercare un figlio. Così come l’assenza di un welfare che sostenga l’infanzia.
Siamo una generazione che vive in apnea, nella lunga attesa di poter conquistare un lavoro, e in fin dei conti  un posto nella società. Una generazione dipendente dalla famiglia di origine, anche quando si tratta del welfare garantito dai nonni nella cura dei figli (peraltro come mi ricorda spesso Daniela, autrice del blog mammatipica.blogspot.it, con l’aumento dell’età pensionabile anche questo pezzo di welfare sarà sempre meno disponibile).

Ma sappiamo bene che non è nostra la colpa, bensì di un Paese che ha divorato con politiche anti-sociali il futuro dei suoi figli, prima ancora che potessero diventare adulti.
Per questo risulta intollerabile il delitto reiterato di trasferire sui singoli la colpa e lo è ancora di più su una questione così intima e insindacabile, che chiama in causa le biografie delle persone rispetto a scelte di vita tanto importanti.
Una campagna di questo tenore risulterebbe ancora più intollerabile per quel 25% di coppie che vive il dramma dell’infertilità e che dallo Stato avrebbe bisogno di cura e sostegno, non certo dell’ennesima predica (come se il senso di colpa non fosse un tarlo già presente nella testa di chi affronta tale situazione).
Se proprio la Lorenzin vuole fare qualcosa contro l’infertilità piuttosto che generare ansia (un altro nemico della fertilità), potrebbe adottare misure per offrire assistenza a chi vive questo problema, attraverso un sostegno psicologico e una informazione puntuale e soprattutto rendendo più accessibile la procreazione medicalmente assistita, senza costringere chi non riesce ad avere un figlio a sborsare migliaia di euro o aspettare interminabili liste di attesa. E si potrebbe infine eliminare gli assurdi vincoli contenuti nella legge 40.

C’è una lista infinita di politiche che possono sostenere la genitorialità e la conciliazione tra maternità e lavoro. Non è necessario arrivare nei paesi nordici, ma basta fare capolino nella vicina Francia per averne un’idea. Eppure il nostro paese ipercattolico è tra quelli meno attenti a questo tema.
Come sempre tocca a noi lottare per conquistare la libertà di scelta, anche quando si tratta di diventare genitori (o di non diventarlo). Lo scorso 8 Marzo in piazza a Firenze ho ascoltato il repertorio degli slogan sull’aborto, reduci dal femminismo targato anni ’70. Mi è venuto da pensare al fatto che per le nuove generazioni l’autodeterminazione paradossalmente interessi molto di più il diritto di poter avere figli. Anche se in fondo sono due facce della stessa medaglia, considerato che sempre più spesso, purtroppo, si abortisce per motivi economici.
Sarebbe esplosivo, comunque, scendere in piazza rivendicando (per tutti) il diritto alla genitorialità in un Paese dove regna la totale ipocrisia.

Per esercitare il diritto alla maternità è intanto basilare poter disporre di un assegno universale, slegato dalla tipologia contrattuale e dalla condizione lavorativa. Così magari evitiamo l’assurdo per cui le lavoratrici precarie non solo sono altamente ricattabili se vanno in maternità, ma rischiano anche di non avere alcun assegno, oppure di averlo con un trattamento economico risibile. Il disegno di legge delega, facente parte del così detto Job Act, sembra voler affrontare questo tema e penso dovremmo dire la nostra per evitare l’ennesima operazione di facciata.

Ho scritto queste poche righe perchè credo sia necessario andare oltre l’indignazione alle parole del Ministro e costruire occasioni di discussione: anche se tocca la sfera privata di ognuno di noi si tratta di un’enorme questione politica.
Se avete voglia intanto iniziate lasciando un commento all’articolo. E poi come recita questo blog organizziamoci!
In ogni caso promettetemi che se dovesse mai arrivare una campagna educativa alla maternità ci ribelliamo per davvero.

Published inW la mamma!

Un commento

  1. […] Ilaria Lani e Manuela Campitelli hanno già detto tutto nei loro post, che condivido parola per parola, perché in quelle righe trovo non solo una posizione “politica”, ma una storia, la loro storia e le storie che hanno incontrato, come sindacalista e come  giornalista. […]

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